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Dieta e Sindrome Premestruale

dott.ssa Teresa Coviello • feb 17, 2022

Nutrienti per il Trattamento della Sindrome Premestruale (PMS)


La sindrome premestruale è caratterizzata da un’eziologia multifattoriale che dipende da alterazioni dell’asse ormonale di ormoni quali estrogeni, progesterone, aldosterone/renina, alterazioni a livello del sistema nervoso centrale e specialmente a livello di due neurotrasmettitori (GABA e serotonina) e fluttuazioni degli ormoni sessuali. L’insieme di tutti questi cambiamenti ormonali si traduce in un quadro sintomatologico vario e complesso caratterizzato da:

-         Sintomi psicologici: depressione, tristezza, ansai, irritabilità;

-         Sintomi neurovegetativi: letargia e insonnia;

-         Sintomi comportamentali: demotivazione e isolamento sociale;

-         Alterazioni dell’equilibrio idro-salino: edema e ritenzione idrica;

-         Dolore: dolore addominale, dolori generalizzati e mal di testa.

Uno stile di vita sano, un’alimentazione equilibrata e bilanciata in aggiunta a una regolare attività fisica possono contribuire a ridurre i sintomi della sindrome premestruale.


Ruolo della vitamina D nel Trattamento della Sindrome Premestruale

La vitamina D insieme al paratormone è il principale regolatore della concentrazione plasmatica di ioni calcio. Dal momento che la sindrome premestruale è correlata ad un’alterazione della concentrazione di ioni calcio è stato supposto che la vitamina D possa avere un ruolo nel ridurre il rischio di Sindrome Premestruale. Numerosi studi, pertanto, testimoniano come aumentare il bilancio di calcio attraverso il consumo di latte e derivati o supplementi di calcio possa contribuire a migliorare i sintomi della sindrome premestruale. Garantire un corretto intake di vitamina D tramite una regolare esposizione al sole e tramite l’alimentazione resta uno dei punti cardini della nutrizione per chi soffre di sindrome premestruale. La posologia della supplementazione di vitamina D è di 400UI/die abbinata a 1200 mg/die di calcio. La vitamina D è presente in natura in alcuni tipi di pesce (salmone e tonno per esempio), olio di fegato di merluzzo e tuorlo d’uovo.


Altri nutrienti coinvolti nel Trattamento della Sindrome Premestruale

Oltre al calcio e alla vitamina D una varietà di altri nutrienti possono svolgere un ruolo diretto o indiretto nella patogenesi dei disordini mestruali e in particolare della Sindrome Premestruale: tra questi gli acidi grassi essenziali, altre vitamine (es.Vit.B6), carboidrati, alcuni minerali (magnesio e manganese), caffeina e alcol.


Acidi grassi essenziali

Il loro ruolo è legato alla produzione di prostaglandine, sostanze coinvolte nei processi infiammatori, nella modulazione del dolore, nella contrazione muscolare, vasocostrizione e coagulazione. Fonti alimentari di omega-3: pesce azzurro.


Vitamina B6

La Vitamina B6 può essere utile nel ridurre il dolore associato alla sindrome premestruale. Fonti alimentari di vitamina B6 sono i latte e i suoi derivati, pesce, cereali, patate, spinaci e carote.


Carboidrati

Un’adeguata introduzione di carboidrati complessi può portare certamente a benefici grazie alla modulazione dei neurotrasmettitori tra cui la serotonina, neurotrasmettitore del “tono dell’umore”. A serotonina è sintetizzata a partire dal triptofano, un amminoacido essenziale presente in vari alimenti tra cui il cioccolato.

 E’ stato inoltre visto da recenti studi che esiste una relazione significativa tra l’indice glicemico del pasto consumato e l’incidenza della sindrome premestruale.


Magnesio

La supplementazione con magnesio contribuisce a ridurre i sintomi della sindrome premestruale e in particolare la ritenzione idrica. Fonti naturali di magnesio sono i legumi, i cereali integrali e la frutta secca; ma anche molti tipi di frutta e verdura tra cui la banana.


Caffeina

La caffeina sembra peggiorare la sindrome premestruale e questo porta a consigliare la riduzione dell’intake di alcaloidi in pazienti che tendono a soffrire di sindrome premestruale.


Alcol

Anche l’assunzione prolungata di alcool certamente aumenta il rischio di soffrire in maniera più intensa dei sintomi tipici della sindrome premestruale.



Come dovrebbe essere la dieta per chi soffre della sindrome premestruale?

A seconda del soggetto la dieta dovrebbe essere normocalorica o moderatamente ipocalorico in accordo con il peso della paziente, con un buon apporto di alimenti vegetali per garantire un adeguato intake di fibra e ridurre l’indice glicemico del pasto. Il consumo di zuccheri semplici, caffeina e alcolici andrebbe ridotto al minimo. In termini di stile di vita una regolare attività aerobica è fortemente raccomandata in queste pazienti. 


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Quadro generale La PCOS o sindrome dell’ovaio policistico è un disordine endocrino che causa importanti effetti sulla salute della donna sia a livello metabolico che riproduttivo.  Da un punto di vista clinico è caratterizzata dall’ingrossamento delle ovaie, dalla presenza di cisti ovariche multiple e da alterazioni a livello endocrinologico e metabolico quali per esempio iperandrogenismo, resistenza all’insulina e conseguente iperinsulinemia. Ha una prevalenza del 5-10% nelle donne e compare nel periodo adolescenziale rappresentando una delle più comuni cause di infertilità nella donna. La PCOS si inserisce all’interno di un quadro funzionale più complesso che coinvolge il sistema riproduttivo, il sistema endocrino e il quadro metabolico. In generale l’aumentata concentrazione degli ormoni sessuali maschili (androgeni) è la causa della maggior parte delle manifestazioni tipiche della sindrome quali: • Irsutismo e eccesso di peluria sul viso e sul corpo • Acne • Alopecia androgenetica • Irregolarità del ciclo mestruale Esiste una notevole variabilità inter-individuale che porta le donne affette da PCOS a presentare gradi di intensità di queste manifestazioni diverse. Sovrappeso-obesità e insulino-resistenza Sovrappeso e obesità si riscontrano in circa il 50% delle donne con PCOS con una distribuzione del grasso che tende a essere di tipo centrale cioè localizzata a livello addominale e definita obesità di tipo androide. L’insulino-resistenza , caratterizzata da una resistenza sistemica all’ormone, è una condizione che si presenta nel 40% delle donne con PCOS e che può presentarsi con gradi diversi fino a diabete clinico, dislipidemia mista (LDL alte, HDL basse e trigliceridi alti). Tutti questi aspetti rendono le donne con PCOS soggette a un aumentato rischio di sindrome metabolica. La presenza di sovrappeso o obesità nelle donne con PCOS determina un peggioramento del quadro clinico sia da un punto di vista metabolico che riproduttivo in quanto l’eccesso di peso porta ad un’aumentata prevalenza di insulino-resistenza, diabete mellito di tipo II, peggioramento del profilo lipidico, maggior rischio di sindrome metabolica e quindi malattie cardiovascolari, maggiore prevalenza di oligomenorrea, amenorrea e infertilità, peggior risposta alle terapie di induzione (minor tasso di ovulazione e concepimento), minor percentuale di gravidanze nelle tecniche di fecondazione assistita con aumentata frequenza di aborti spontanei. Dieta e attività fisica Una dieta ipocalorica, la riduzione del grasso corporeo e l’esercizio fisico costante sono assolutamente raccomandati in quanto comportano un miglioramento sia della funzione ovarica sia una normalizzazione del metabolismo glucidico. Da un punto di vista del trattamento, oltre alla terapia mirata, uno stile di vita sano e attivo e l’eventuale perdita di peso concorrono a tenere sotto controllo il quadro. L’esercizio fisico svolto con regolarità è importante per ridurre la resistenza insulinica, per agevolare la perdita di peso e per migliorare il quadro ormonale. Il miglioramento di tutti questi parametri è utile a ripristinare l’ovulazione e favorire l’effetto dei farmaci utilizzati per l’induzione dell’ovulazione. Anche una riduzione del 5-10% del peso corporeo e il mantenimento a lungo termine del peso raggiunto rappresenta un vantaggio in termini di salute. Raccomandazioni dietetiche generali • Adeguato apporto di fibra tramite frutta e verdura; • Adeguato consumo di carboidrati integrali (riso, pasta e pane integrali anziché raffinati) con cottura preferibilmente “al dente”; • Riduzione dell’assunzione di zuccheri semplici e controllato apporto di carboidrati complessi; • Riduzione dell’assunzione di grassi saturi; • Preferenza per cotture semplici: cottura al vapore, al microonde, alla griglia, alla piastra, pentola a pressione evitando le fritture e le cotture in padella con olio o grassi aggiunti; • Controllo dell’indice glicemico dei singoli pasti; • Adeguato consumo di pesce (fresco o surgelato); • Controllo del consumo di formaggi; • Controllo del consumo di affettati la cui scelta è limitata a quelli magri; • Adeguato consumo di carne preferibilmente magra e bianca (es. manzo, vitello, pollo, coniglio, tacchino, lonza di maiale, cavallo) eliminando tutto il grasso visibile; • Adeguato consumo di legumi (ceci, fagioli, piselli, lenticchie, fave..) • Adeguato consumo di olio extravergine a crudo e/o frutta secca • Adeguata idratazione giornaliera
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